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Dealantiti

Storia e leggenda di un popolo di Semidei

Vi sono infinite leggende che narrano della nascita dei Dealantiti, ma per massima parte si tende a darne una interpretazione abbastanza univoca. I frammenti di cronache giunti nelle nostre mani sono conservate gelosamente negli archivi dei Dravidi di Archemur. La leggenda più accreditata racconta come primo Dealantita nacque dall’incontro tra la ninfa del lago, la bellissima Waqya, e un dio, una divinità legata alla luce boreale il cui vero nome non è dato a sapere, ma che le genti chiamarono Silaur Lo Splendente, depositario della Luce dorata conosciuto anche come Colui che osserva in alto. Da questo incontro celeste nacque una creatura dotata di poteri incredibili e attraverso questi colonizzò quella che in alcune fiabe e alcuni miti viene chiamata: “Hyn la Grande Isola Bianca a nord di ogni cosa”. Questo era il nome dato a quel luogo etereo, magico, forse soprannaturale poiché ben pochi sapevano che in realtà si tratta di un luogo del tutto reale, una vera isola. A partire da questo capostipite, il cui nome è sconosciuto ma viene ricordato con l’appellativo di Atleuson il Senzatempo, e con l’aiuto della magia degli dei, in una sola epoca l’isola fu colonizzata e divenne un luogo paradisiaco dove prosperare. Atleuson era alto come un dio, i capelli bianchissimi e le labbra sottili, i suoi occhi erano color dello smeraldo e il torace ampio gli conferiva un portamento regale. Ebbe numerose spose, le ninfe di quei luoghi se ne innamorarono tutte e naque così la prima stirpe dei Dealantiti. Il popolo Dealantita raggiunse presto una forma di alta civiltà ed iniziò così a tenere traccia dell’albero genealogico della sua casata reale. Purtroppo andò pressoché completamente perduta se non per pochi e brevi frammenti, giunti anch’essi in forma di leggende.

Il più antico e famoso re Dealantita si chiamava Hryontl Kaethl, pare lontano discendente di Atleuson Sennzatempo e diede luogo alla casata principale dei Dealantiti che prese il nome dal dio che li generò: Silaur. Pare che Hryontl Kaethl si sia distinto per essersi spinto a colonizzare altre terre. Com’era tradizione dei suoi avi sposò una ninfa, la ninfa delle nevi Gaeld, ed ebbe due gemelli. Il giovane Thys che divenne uno dei più valenti re della storia Dealantita. Fu acclamato come eroe in eterno per aver affrontato e sconfitto da solo, seppur giovanissimo, un’intera tribù di terribili demoni delle nebbie. La sorella gemella invece, giovane e splendida come solo una ninfa può essere, si chiamava Laeryn e divenne una maga leggendaria. I suoi poteri taumaturgici e le sue immense capacità generarono attorno a lei una grande quantità di leggende nelle quali veniva descritta con caratteristiche pari a quelle di una dea. Le generazioni successive intonarono innumerevoli canti a suo nome. Non esisteva essere al mondo una creatura in grado di equiparare il suo potere di guarigione. Visse per lunghissimo tempo, migliaia di anni, dispensando pace e prosperità a tutto il suo popolo. Nel corso dei millenni il popolo Dealantita, per dissapori all’interno della corte reale che nel tempo divennero faide irreparabili, si smembrò in tre rami differenti, in tre casate distinte che imboccarono ognuna il proprio destino:

I Silaur: la casata reale ufficiale dealantita che rimase al trono nell’isola di Hyn a differenza delle altre casate.

Gli Huranni: il ramo dissidente diverrà il popolo dei Dealantiti delle rocce.

La casata dei Thourany, fondata da Nhuk il sovrano oscuro detronizzato dal fratello Edworan aiutato dal popolo stanco delle angherie, ebbe un destino molto particolare.

Tra i gemelli Thys e Laeryn non scorreva buon sangue e, una volta adulti, intrapresero strade tra loro molto diverse.

Thys, il re guerriero, pur dotato di notevoli capacità magiche e di comando decise di seguire la sua indole da esploratore e fondò il popolo dei Dealantiti delle Rocce, gli Huranni, dal nome dei monti che colonizzarono. Infatti si insediarono nelle regioni rocciose della grande Isola Hyn vivendo principalmente sulla catena montuosa dei Huralhyn, i Monti Incantati dove edificarono magnifiche città di roccia e dove si elevavano altissime torri che parevano accarezzare il cielo. Si definivano un popolo libero che mal sopportava casate e gerarchie secondo gli insegnamenti, e seguirono l’indole di Thys, il loro capostipite e signore, ribelle e poco incline a qualsiasi etichetta o ortodossia. Alla fine rimasero per intere generazioni, per millenni, in quella regione. Non si mossero mai da quei luoghi se non per qualche contatto commerciale col popolo invece fondato dalla sorella gemella.

Thys alla fine morì in uno dei suoi pericolosi viaggi ai confini di Arkhesya, cadde in uno scontro con una famiglia di Draghi dei Ghiacci che, non di rado, a quei tempi infestavano i picchi degli Hyralhyn. Lasciò, nella nuova patria tra le rocce, il trono alla giovanissima figlia Eldhyn e fu proprio sotto il suo regno che accadde il disastro.

Avendo la stessa natura del padre, la giovane regina intraprese la via delle esplorazioni nel tentativo di trovare luoghi più ospitali per il suo popolo. Interpretando antichi messaggi cifrati, tramandati dalle scarsse leggende di quel periodo, parrebbe che proprio sui monti Huralhyn vivesse, congelato nei millenari ghiacciai della catena, uno sconosciuto morbo letale che, risvegliato dalla esplorazioni sempre più profonde degl Huranni, tornò in vita iniziando a mietere vittime senza sosta, una strage che nemmeno il loro immenso potere magico riuscì a frenare. Eccetto i pochissimi superstiti, di cui però si persero le tracce, l’intero popolo degli Huranni, a causa di quel morbo letale, venne annientato, scomparve. Causa gli sparuti contatti commerciali tra i due popoli pare che anche la casata dei Silaur, alla fine, venne contagiata e iniziarono a morire a centinaia i membri del popolo dei ghiacci. Per grazia degli dei, però, il popolo di Laeryn non fu del tutto annientato e riuscirono a debellare quella dannata epidemia. Purtroppo per gli Huranni solo la giovane regina Eldhyn, e pochi altri, si salvò e mise in salvo i superstiti del suo popolo avviandosi a una destinazione ignota a tutti. Gli Huranni scomparvero dall’isola e di loro non si ebbe più alcuna notizia.

Laeryn, la regina maga, continuò invece la stirpe Silaur del padre Hryontl rimanendo nelle piane innevate della grande isola bianca e facendo prosperare il suo popolo. La potente maga riuscì, con le sue arti incredibili, a debellare completamente il morbo salvando di fatto l’intera casata dei Silaur. Al termine di una lunghissima vita Laeryn lasciò le terre dell’Isola Splendente ritirandosi volontariamente nei mondi superiori, come tradizione per tutti i dealantiti di grandissimo potere e lignaggio. Vivevano lo stesso destino riservato agli dei, assurgevano al cielo intatti e da lì contemplavano l’immensita di Auhr, la luce primigenia.

La regina Laeryn ebbe due figli maschi: Nhuk e Edworan mentre in tarda età partorì una figlia: Alyna.

Nhuk divenne re, ma fu un re cupo, travagliato e spesso tormentato di pensieri e azioni fosche, a volte addirittura crudeli. In pochi anni condusse i Dealantiti, della nobilissima casata Silaur, al primo periodo oscuro della loro storia. Fu un sovrano che utilizzò buona parte dei suoi poteri per opprimere il popolo e, a causa della sua insaziabile sete di potere e di ricchezze, sviluppò incantesimi proibiti di stregoneria nera facendosi aiutare anche da entità nere, le leggende antiche parlano addirittura di un patto scellerato con i tre famigerati figli di Nuxaur: il dio oscuro.

I Dealantiti per loro natura sono un popolo libero, senza vincoli o legami e maldigeriscono qualsiasi tipo di imposizione. Per questo si ribellarono al sovrano oscruo proclamando loro nuovo re Edworan.

Il nuovo sovrano organizzò, affiancato dal popolo, un grande esercito col quale riuscì a detronizzare e sconfiggere Nhuk, il re tiranno, che sconfitto, fuggì in esilio portando con sé qualche migliaio di fedelissimi e fondando, parrebbe nelle profondità dei Monti Incantati, la casata del Thourany.

Questa casata reietta ebbe vita difficile, non riuscì mai a trovare una vera dimora. Col tempo fuggì dall’isola e, come narrano i miti del popolo nanico dei Thoun, vagò per secoli attraverso mari e oceani per approdare alla fine in uno dei luoghi più inospitali di Arkhesya, a nord della catena dei Glehaw dove risiedono le popolazioni degli elfi oscuri e dove il territorio forma una sorta di piccola penisola sconosciuta e abitata all’epoca quasi solo da mostri, demoni e da minuscole comunità di abitanti locali di origine ed etnia sconosciuta, quanto antica. Nessuno di loro aveva più alcuna memoria di quali fossero le loro origini, gli anziani chiamavano il loro popolo, se di popolo si può parlare, come il popolo dei Velenatori anche se nessuno conosce con precisione l’origine di questo termine seppur parebbe collegato con qualche ignoto velenoe  con chissà quale colpa per aver ricevuto quel nome così penalizzante. I Velenatori erano membri di una società tribale priva di alcuna civiltà, ma nel contempo, con una memoria lontanissima e offuscata dal tempo. I vecchi dei loro villaggi dicevano che il destino del loro popolo era quello di finire in una terra infestata da demoni perché era giusto che pagassero il castigo per quanto commesso eoni ed eoni orsono. Nessuno di loro però ricorda a cosa si riferisca questo castigo da pagare, ma accettano il destino di essere sterminati dai demoni e fuggire per tutta la vita come se dovessero effettivamente scontare delle colpe ataviche, ancestrali.

Dai successivi scontri con le creature delle tenebre che infestavano, all’epoca, quelle regioni di Arkhesya, pare che le truppe di Nhuk fossero ridotte al lumicino e che, per sfuggire da morte certa, il re-stregone avesse utilizzato tutto il suo potere per salvare quel poco che rimaneva del suo popolo. Scalarono i Glehaw dal lato nord e giunsero a un picco che chiamarono Vettacerea perché sempre sommersa dalla neve tutto l’anno e battuta da venti e bufere tali da togliere, spegnere ogni forma di vita. Non cedettero e nelle loro esplorazioni riuscirono ad adattare alle loro esigenze un immenso antro naturale, apertosi proprio nel fianco della grande montagna. Nhuk, a questo punto, prese una decisione epocale e adoperò il suo immenso potere per attuare un piano, almeno all’apparenza, dissennato. Aiutato dai maghi superstiti del suo popolo diede inizio a una graduale metamorfosi delle poche centinaia di compagni. In questo processo i superstiti del suo popolo assunsero le sembianze di perfetti montanari, diventando infine perfettamente adatti a sopravvivere anche in quei luoghi del tutto inospitali. Divennero perfetti scalatori, ma soprattutto scavatori e costruttori di tunnel, caverne, tane, città sotterranee e iniziarono a scoprire giacimenti di metalli e di ogni tipo di pietre preziose. Veri e propri accumulatori non smisero mai di creare tesori estraendoli dalle profondità della montagna.

Da questo primo nucleo di dealantiti, ormai nemmeno lontanamente simili ai bellissimi abitanti dell’Isola a nord di tutto, poiché modificati dalla stregoneria di Nhuk, prese forma un popolo che perse ogni sembianza dealantita per trasformarsi, nei secoli, nel loro perfetto opposto. Le stature si abbassarono sempre di più, l’innata eleganza fu sostituita da possanza e resistenza. I lunghi capelli lisci divennero crespi e i volti glabri presero a popolarsi di barbe ispide e lunghe. Dopo generazioni e generazioni la bellezza eterea del popolo Dealantita degradò in una più utile forma tozza, corta, forte e perfetta per gli angusti spazi dentro le montagne. Anche il nome della casata venne accorciato e da Thourany divenne Thoun. Nacque in questo modo la gloriosa casata nanica che ancora oggi vive nelle profondità dei Glehaw. Questa perlomeno è la leggenda che narrano i nani se interrogati sulle loro origini. Nessuna prova concreta o testo antico è mai stato addotto su questa storia, ma essendo piuttosto plausibile tutti i popoli di Arkhesya l’hanno fatta propria e la conoscono.

La casata reale dei Silaur, sotto il regno di Edworan figlio di Laeryn, rimasta sull’isola di Hyn, era ancora alle prese con il terrificante morbo che aveva quasi annientato gli Huranni della regina Eldhyn. Ma ormai, dopo secoli di lotta senza quartiere, il morbo era stato quasi del tutto fermato dalla potente arte guaritiva della regina Laeryn mentre era in vita. Mai si era visto qualcosa del genere e molti si spinsero a dire che in quei ghiacci doveva essere rimasto congelato per eoni o forse conservato da qualche antichissima e dissennata civiltà.

Impegnati allo spasimo nel contrastare il morbo, ormai privi della vecchia regina ritiratasi nei mondi superiori perché esaurite le forze vitali, Edworan e i il popolo dei Dealantiti della casata Silaur giunsero sull’orlo dell’estinzione. Lo stesso Edworan, seguendo le tracce virtuose della madre, si era votato alla salvezza del suo popolo e non risparmiò nemmeno una goccia dell’energia curativa del suo sangue per curare ogni dealantita ne avesse necessità. Noncurante dei continui avvertimenti dei sacerdoti e guaritori di corte alla fine, stremato dall’incessante lavoro di guarigione, si consumò e ridotto ormai al lumicino non riuscì a resistere. Alla fine cedette e spirò raggiungendo così la madre nei mondi superiori.

Racconta un antico canto che Edworan morì in ultimo sussulto di guarigione donando le ultime gocce di energia magica per salvare la giovanissima nipote, Alesya, figlia della sorella Alyna che ora fu costretta a salire al trono, seppur riluttante perché per nulla desiderosa di diventare regina. Divenne però, sull’onda della promessa fatta al fratello al capezzale, una regina modello, di grande aspirazione, con doti inusuali e con un coraggio degno del suo lignaggio divino. Sotto il regno virtuoso di questa regina il combattimento accanito contro quella gravissima forma di epidemia giunse al termine. Il morbo, risvegliato degli Huranni secoli addietro, venne infine debellato. Il popolo ormai però prostrato dalla tremenda lotta durata fin troppo a lungo e la stragrande maggioranza dei dealantiti versava in uno stato di completa povertà. Per secoli nessuno aveva più coltivato o fabbricato e i commerci erano scomparsi. Le enormi ricchezze accumulate dal popolo dealantita vennero meno, erano state prosciugate da quella strenua battaglia contro il morbo. Nessun popolo aveva più voluto commerciare con i dealantiti perciò, Isolati dal resto del mondo, entrarono in una condizione di estrema miseria. Una tremenda carestia si abbattè sul popolo che fu definitivamente messo in ginocchio dopo essere stato profondamente provato dall’epidemia.

Con l’aiuto degli anziani del consiglio, la regina Alyna decise che era venuto il momento di esplorare terre sconosciute in un estremo tentiativo di salvare il suo popolo, prima che si estinguesse del tutto.

Alla testa della gran parte della potente flotta Dealantita e su incarico della regina il valoroso capitano Glyter, della valorosa casata guerriera dei Galir, giunse, al termine di un viaggio periglioso, nel quale dovette attraversare mari infestati da creature terribili, sulle sponde nord ovest di Arkhesya. Approdò più o meno dove ora si trova la città di Bedy. In effetti era sbarcato, senza saperlo né conoscendo bene la storia di Nhuk, fratello della regina, poco più a sud, ma nello stesso grande continente.

Una volta trovata questa nuova regione, approdato in quelle terre selvagge e inospitali, ebbe inizio una colonizzazione di tutte le regioni a nord ovest. Iniziarono a costruire le loro città lungo la costa, partendo dalla città di Bedy procedendo verso est fino alla cittadella di Pukkrat. Il capitano spedì allora parte della flotta a raccogliere il resto del popolo Silaur. I pochi superstiti della terribile carestia, compresa l’intera corte reale, la regina Alyna e i suoi due figli: Noruk e la sorella Alesya. Nessuna cronaca riporta chi fosse il re consorte di Alyna, ma come capita spesso per le casate dealantite si conosce il nome del sovrano o della sovrana, difficilmente quella del consorte, a meno che non fosse stato protagonista di qualche atto eroico oppure, per contro, di qualche scandalo o delitto. Alesya, una volta raggiunta l’età da marito, sposò l’eroico capitano Glyter e diedero vita a un ramo della casata Silaur costituita di grandi esploratori e navigatori.

I Dealantiti, nel corso di generazioni e generazioni, colonizzarono l’intera Arkhesya e non tornarono mai più alla loro amata isola. Divennero però un popolo via via sempre più crepuscolare; nel tempo il loro spirito potente e luminoso prese a degradare sempre più poiché la distanza dalla loro isola e dalle creature divine e fatate che la abitavano, produsse in loro uno stato di prostrazione latente. Trascorrevano l’intera esistenza pervasi da una sorta di leggera malinconia che, sempre presente, prese a erodere lentissimamente, ma senza lasciare tregua, quella luce che splendeva nel loro petto fin dalla loro lontana nascita, fin dalla notte dei tempi. Da quel momento la loro nuova patria fu Arkhesya. Il primo re a nascere in Arkhesya fu Rhun figlio di Noruk e della bellissima ninfa Haral (entità fatata legata al fiume che ora va sotto il nome di Chlad). Fu un re deciso, dotato di grande forza e autorevolezza che visse a lungo e lasciò il trono al primogenito Pehur. Pehur procedette quanto iniziato da padre e non smise l’azione di conquista e colonizzazione. Pehur, secondo le sempre scarse notizie che ci sono giunte da quei tempi lontani, fu il primo re a incontrare su un campo di battaglia le grandi e letali comunità di demoni che si erano impossessate di Arkhesya circa 70.000 anni orsono.

La tradizione Dealantita voleva che ogni re della casata reale sposasse una ninfa legata alle acque: neve, fiume, lago, mare e che ogni regina sposasse una divinità maschile legata agli alberi, alle rocce o agli animali. Secondo gli studiosi della fortezza di Archemur fu questo uno dei primissimi fattori del progressivo degradare dei poteri del popolo dealantita. Le entità fatate di Hyn erano pure, eteree, pressoché perfette e permettevano al popolo di semidei di procreare mantenendo una qualità della magia elevatissima. Le entità delle nuove terre erano molto meno potenti e, di certo, alcune di esse erano contaminate dalla magia oscura o da poteri poco controllabili propri dei demoni di quei luoghi. È certo che questo nuovo continente fosse non solo la patria di grandi comunità di creature votate alla stregoneria nera, ma che fosse anche la patria dei tre figli dannati del dio oscuro, Nuxaur.

Questo concorse, nel tempo, a creare una razza che divenne via, via sempre più debole fino a giungere al punto da non riuscire a contrastare le creature magiche del nuovo mondo.

All’epoca di Pehur la nuova terra non aveva ancora un nome, i maghi studiosi di Archemur ipotizzano, attraverso la lettura di antichi rotoli e la consultazione delle cronache eteriche, che il nome sia stato dato proprio da questo re. Infatti la sua primogenita, che poi sarebbe diventata regina, ebbe nome Khesya e la particella Ar, nella lingua Dealantita, indica valore, capacità e virtù. Si pensa per questo che il nome Arkhesya sia stato dedicato da re Pehur in onore alla primogenita Khesya. Un particolarità da tener presente è che tutte le regine Dealantite originali dell’isola Hyn ebbero come termine del loro nome la particella, in antica lingua Dealantita, YN mentre le regine Dealantite nate in Arkhesya ebbero tutte il nome che terminante con la particella YA. Khesya fu la prima regina del nuovo continente a non rispettare le tradizioni del suo popolo e sposò un valoroso guerriero delle sue schiere, un eroe di cui si innamorò perdutamente: Ian Grool, figlio del generale Gardo, dell’antica casata dei Galir, la celeberrima casata il cui avo Glyter aveva scoperto il nuovo continente che si rivelò la salvezza per il popolo del nord. Il figlio più famoso della regina Khesya, e divenuto in seguito una leggenda persino tra i dealantiti, fu re Dronà il cui nome per intero fu Ian Ftah Dronà.

Dronà divenne tra i più celeberrimi re e maghi dealantiti perché progettò e diede inizio, dotato di inusitati poteri anche per un dealantita, alla costruzione della mitica fortezza di Brast, la più misteriosa costruzione oggi presente sul territorio di Arkheysa. Venne costruita con le più evolute tecniche magiche e infondendole un potere pressoché illimitato, divenne perciò una fortezza vivente, senziente in grado di decidere, pensare addirittura. Per questo motivo Dronà, forse impaurito da tanto potere, bloccò i lavori prima di portarli a termine del tutto e indusse la fortezza in una sorta di sonno eterno che solo alcuni potenti maghi avrebbero potuto risvegliare, ma solo per un limitato lasso di tempo. Quella sorta di sonno si protrasse per intere ere, e Brast venne quasi dimenticata se non per il fatto di essere una sorta di muta testimone del grande popolo venuto dal nord.

Una particolarità, non di poco conto, volle che Dronà avesse progettato la mitica fortezza che ancor oggi campeggia a nord degli Imbolt e ad est del lago Ry, in pieno territorio occupato dai demoni e che lì, assieme ai suoi riuscì a strappare un lembo di terra dalle numerosissime comunità di mostri che vivevano in quei territori all’epoca. In effetti, migliaia di anni dopo quando ormai Brast era considerata poco più che un rudere, venne risvegliata dal suo discendente Gromhar (vedere le cronache di Brast), e ancor più tardi dalla grande maga Gatra le cui cronache sono andate perdute, ma che riuscì col suo potere a porre fine alle Grandi Guerre e Dhyan Teagryn (vedere le cronache de La stirpe di Gatra).

Esistono poche e sparute notizie sulla progenie di Ian, ma circola una storia in cui Len Trha Dronà, il primogenito, avrebbe sconfitto un enorme drago o forse un demone della razza Ry nella grande penisola Vhargast. Lo scontro terificante generò, per la sua immane violenza, la grande voragine Bundh testimone ancor oggi della potenza dei maghi dealantiti e della violenza della magia dei demoni di allora.

L’isola di Hyn, la mitica isola dove risiedevano i Dealantiti antenati di coloro che colonizzarono Arkhesya, ha una storia che si perde letteralmente nella notte dei tempi. Il nome stesso di quest’isola ne indica l’antichità e la magia che ne pervade ogni singola zolla. Consultando le antiche rune che compongono questo nome si scopre che la runa H - hagal ha come significato Ghiaccio ed è la runa legata al ghiaccio e ai freddi rigidissimi di quell’isola. La Y - algiz e la N - ur hanno invece rispettivamente il significato di Protezione, Sostegno e di Forza, Energia. La prima runa indicava la caratteristica intrinseca della terra Dealantita, mentre la seconda e la terza ne indicavano protezione e forza, le qualità che ogni sovrano Dealantita doveva dimostrare al suo popolo. Ecco il motivo per cui tutti i re del popolo magico indicavano le ultime due lettere del nome delle figlie primogenite, destinare a regnare, con le ultime due lettere del nome dell’isola di Hyn. Da ciò gli studiosi di Archemur ci indicano che il popolo Dealantita ha dato un’importanza magica e fondamentale per le regine che hanno condotto il loro popolo.

L’ultima regina Dealantita, ormai al tramonto di questo popolo, ma ancora insediati in Arkhesya come conquistatori e come unico e più potente popolo, fu Midral Ta Gryn. Assistette purtroppo all’ultima catastrofe dovuta al demone Ry e vide ciò che rimaneva del suo popolo un tempo mitico, distruggersi definitivamente e smembrarsi negli attuali popoli di Arkhesya. Ebbe due figli Toerhel il maschio e Yarenis la femmina. Scapparono esuli nella lontana isola di Samycreek e la regina morì esule in quell’isola, sola e senza il suo popolo, logorata dalla solitudine e dal tremendo rimorso di non essere riuscita a salvare i dealantiti dalla catastrofe finale che li disgregò definitivamente. Toerhel, dopo qualche anno a Samycreek, raggiunta la maggiore età fuggi in cerca di fortuna e di lui non si seppe più nulla. la giovane Yarenis fu protagonista di una storia leggendaria a fianco della Grande Sacerdotessa Anasha Tredar che la istruì fino a farla diventare una potentissima maga e facendole padroneggiare la potente vena magica propria dell’ultima famiglia reale dealantita. Yarenis alla fine approdò a Tysnow dove visse quasi tutta la vita e dove diede inizio alla leggendaria stirpe Teagryn, contrazione di Ta Gryn in lingua ulgan, una delle pochissime famiglie con un lignaggio diretto ai dealantiti e che conservano tutt’ora sangue magico seppure meticcio. Da quella leggendaria principessa e da quella linea di sangue giunsero Gatra: una maga dai poteri senza precedenti che durante le Grandi Guerre diede scacco all’intero Consiglio Nero wirapi annientandolo. Poi, in tempi più recenti, venne Dhyan, che da adulto assunse la carica di Gran Sacerdote dravide in una avventura incredibile narrata nelle cronache: “La stirpe di Gatra” e “Lo Sciamano Nero” e la figlia Yarenis, come la sua ava, che crebbe come una maga dai poteri incredibili e che, nella sua vita, dovette affrontare un avversario temibilissimo. Questa storia è invece narrata nell’antica cronaca dal titolo: “Il talismano della Driade”.

Sono pochissime le famiglie rimaste con sangue magico meticcio e sono tutte molto nascoste e molto, molto potenti.