Skip to main content

brast

Brast: Est Lago Ry - a lungo disabitata poi dravide

 

Fortezza misteriosa e disabitata. Nel racconto “Brast, la fortezza vivente” se ne tracciano le origini che è plausibile si debbano assegnare a un antico re mago dealantita dal nome Ian Ftah Dronà di cui rimangono poche e confuse tracce nelle cronache dealantite e nei racconti dei bardi. Figlio della leggendaria regina Khesya, si presume sia vissuto nell’epoca antica dei dealantiti, sbarcati in Arkhesya da qualche generazione, e quindi, si pensa attorno a 35.000 anni fa. Voluta dal popolo Dealantita per eguagliare il potere degli dei, si trasformò questi in una sorta di nemesi.

Lo stregone Dronà forgiò nella sua mente, fin nei minimi particolari, la grande fortezza e poi diede vita, con poteri oltre l’immaginabile, una forma eterica dalle sembianze di Brast. La città fortezza fu mostrata alla regina, all’intera corte, e al popolo dealantita che, entusiasta approvò il mastodontico progetto. Dopo le meticolose e lunghissime procedure rituali per la purificazione del territorio tra gli Imbolt e il grande lago, i lavori infine iniziarono. Allora il grande mago emise il suono della generazione primaria e, in un istante, apparve la forma eterica, vitale, di energia della grande fortezza a cui ora sarebbe stato in seguito conferito un corpo di pietra, sasso e metallo. Iniziarono i lavori e per secoli e secoli, pietra dopo pietra, venne costruita la prima cittadella fortificata senziente mai conosciuta sul territorio di arkhesya.

Ogni pietra veniva personalmente caricata di magia e su di essa incisi i simboli ancestrali necessari alla protezione del popolo che l’avrebbe abitata. Ogni pietra possedeva particolari poteri che avrebbero dato vita a un entità unica, irripetibile. Infatti Brast doveva trasformarsi in una entità viva e senziente, ma così non fu. Purtroppo Dronà cedette allo scorrere del tempo e, nonostante fosse quasi immortale, la sua ora giunse e fu costretto a lasciare queste terre e la sua creatura non ancora del tutto terminata. Lasciò tutti i suoi progetti all’unico maschio dei tre figli che aveva. Il giovane Len che però, dopo poco, si disinteressò completamente all’opera del padre lasciandola incompiuta visto che nessun altro avrebbe potuto continuare i lavori. Il giovane era troppo impegnato ad ammazza dreghi e creature demoniache in giro per Arkhesya. La leggenda attribuisce a lui la creazione, durante un epico duello con un enorme drago, della grande voragine di Bundh. Il Drago era Navarug, uno dei pochi draghi in grado di utilizzare la parola e di comunicare. Lo scontro fu terribile e il Drago in un impeto terribile creò la grande voragine che tutt’oggi rimane a muto testimone di uno dei duelli più terribili della storia.
Brast non fu in grado di ospitare la casata reale, ma rimase per tantissimo tempo vuota se non abitata solo di qualche sparuto demone.

Brast non fu in grado di ospitare la casata reale, ma rimase per tantissimo tempo vuota se non abitata solo di qualche sparuto demone. In tempi più recenti, circa 12.000 anni fa, all’epoca dell’ultima regina Midral Ta Gryn i lavori vennero ripresi, forse per un estremo tentativo di terminare la fortezza o per chissà quali motivi. Il risultato fu terribile, nessuno avrebbe potuto prevederlo. Infatti fu a causa di questa mastodontica costruzione che venne risvegliato il terribile Ry, demone del lago della razza Koj e, seppur alla fine riuscirono a sconfiggerlo, il popolo Dealantita ne fu disintegrato e smembrato nei quattro angoli di Arkhesya.

Si tratta di una fortezza colossale, costruita con antichissimi metodi magici e tecniche architettoniche oggi del tutto perdute nel tempo passato. La struttura e i materiali non sembrano nemmeno di questa dimensione e vi è la netta sensazione che sia più che una semplice costruzione, sembra più un’entità vivente. Anzi, per molti versi Brast è veramente un’entità vivente, una creatura che a suo modo vive ed è senziente, in grado di decidere e agire. Nessuno può realmente controllarla visto che i maghi che la costruirono erano in possesso di un potere appunto simile a quello delle divinità. Alcuni studiosi dicono che per quella costruzione il re stregone fu veramente ispirato da qualcuno degli dei del Pantheon. Si pensa forse ai gemelli lucenti, Acuen e Puhr, ma mai nessuno lo ha mai potuto verificare. È disposta su più piani ognuno con caratteristiche ben precise in quanto a poteri e a legami con elementi della natura. I torrioni danno vita ad una imponente figura architettonica che staglia per bellezza e mistero. Ricchissima di simboli strani ed esoterici Brast è, a detta degli stessi maghi bianchi, il vero ricettacolo dello scibile Dealantita. Il problema è la difficoltà nell’interpretare questo immenso bagaglio di conoscenza, ormai nell’Evo Odierno nessuno è più in grado di comprenderne i simboli o i segni che appaiono guardando questa meravigliosa e al contempo inquietante costruzione antica.

Nonostante fosse abbandonata è stata oggetto, nei secoli di moltissime visite e molte figure leggendarie vi hanno abitato per brevi o lunghi periodi.
Nell’ultimo periodo del popolo dealantita Gromhar il Sommo vi abitò fino alla fine dei suoi giorni. Molto tempo dopo la maga Gatra della famiglia Teagryn e poi Dhyan accompagnato dal grande mago Fohat e in seguito Yarenis, sua figlia che aveva acquisito lo stesso nome di una sua antica ava, iniziatrice della sua linea di sangue.

Attualmente è un muto testimone della grandezza immensa del popolo che colonizzò per primo e civilizzò quelle terre. nessuno però ha il coraggio di avventurarsi tra quelle inquietanti mura.

Esiste però una versione molto particolare, tanto sconosciuta quanto plausibile, dell’epopea di Brast. Dicono alcuni poemi antichi, narrati dai cantori erranti, che lo stesso Dronà, impaurito dalla sua creatura così perfetta e potente, avrebbe temuto che portando a termine i lavori avrebbe dato alla luce una sorta di mostro, una creatura troppo potente per chiunque, anche per i fortissimi maghi dealantiti. Per questo motivo parrebbe, da notizie non del tutto fondate, che Dronà, prima di passare tutti i suoi incartamenti e progetti al figlio Len, avesse indotto in Brast una sorta di catalessi profonda, tale da non essere risvegliata se non da un mago dalle pari capacità. Se il figlio non fosse riuscito nell’intento significava che non era degno di portare avanti i suoi lavori e quindi sarebbe stato meglio per tutti che Brast venisse pian piano dimenticata. In effetti fu così, dopo un po’ Len si disaffezionò a Brast e se ne dimenticò, così come fece tutto il popolo dealantita. E così fu per millenni…